lunedì 18 aprile 2011

Le "armi segrete" di Radetsky

LE “ARMI SEGRETE” DI RADETZKY

Il progresso, purtroppo, funziona sia nel bene che nel male, e produce    scoperte che recano beneficio all’umanità (pensiamo ai farmaci che salvano tante vite), ma anche quelle che arrecano  invece  lutti, distruzioni e morte, come le armi.
E la fiorente (e maledetta) industria che le produce, è sempre alla ricerca di nuove e micidiali da opporre al nemico che, a sua volta, si affanna a trovarne altre  migliori (ossia che ammazzino di più e meglio).
E vi è anche, in proposito, la tecnica di far sapere al nemico, per impensierirlo e mettergli paura,  di essere in possesso   di armi segrete nuove  ed afficacissime  che ne determineranno la sconfitta: basti pensare alle “armi segrete” di Hitler (i razzi V1 e V2), più volte preannunciate,  che al loro apparire  provocarono un innegabile subbuglio nei suoi avversari, oppure al famoso  “Raggio della morte” di cui  favoleggiavano  i fascisti durante l’ultima guerra mondiale, e che avrebbe dovuto colpire gli aerei  nemici in volo bloccandone i motori.
Anche nel 1849, in occasione dell’assedio di  Venezia ove era sorta la  Repubblica di S.Marco difesa da  Daniele Manin, gli austriaci inaugurarono un nuovo  strumento di guerra  (ben descritto  in un interessante studio di Alberto Rosselli  su  “Google”   dal titolo  “Il primo tentativo di bombardamento aereo della storia – Venezia 2 luglio 1849)”, che purtroppo accelerò  la sconfitta dei  pur eroici assediati, colti di sorpresa ed in molti casi  dal panico.
Uno strumento, come si vedrà,  tutto da sperimentare e dagli  esiti diretti  molto modesti, ma che indubbiamente influì negativamente sul morale dei combattenti e della popolazione civile veneziani.
Il  giovane  colonnello d’artiglieria Benno Uchatius  dello stato maggiore austro-ungarico, resosi conto che il sia pur martellante bombardamento d’artiglieria non riusciva a costringere alla resa i valorosi difensori – fra i quali si distinse il padovano Alberto Cavalletto - ebbe dunque l’idea di costruire dei palloni aerostatici  in grado di trasportare esplosivo da far cadere dall’alto sulle loro teste.  Molte le soluzioni adottate:  inizialmente, la più semplice, consistente in un pallone sul quale veniva caricata una bomba che, raggiunto il cielo sopra Venezia,   grazie ad un particolare congegno – forse una reazione chimica a tempo -  si sganciava  dal supporto che la tratteneva e  precipitava nella  sottostante città.  Furono  sperimentati  anche  una mongolfiera con pilota a bordo per poter  manovrare  in qualche modo  sull’obbiettivo, ed anche  gruppi di palloni  uniti gli uni agli altri con corde  ritenendo che in tal modo fosse più facile  dirigerli: ma la mancanza di qualsiasi mezzo di propulsione propria e l’essere affidati   esclusivamente  ai venti ed alle correnti che ci si sforzava di studiare  con i pochi mezzi disponibili all’epoca, decretò il fallimento della sperimentazione. Tuttavia, le cronache riportano che se alcune bombe caddero in acqua, fra lo scherno dei veneziani,  altre colpirono però il Lido e  Mestre senza gravi  danni ma provocando paura e preoccupazione.
Per il timore che gli attacchi dall’aria potessero ripetersi,  gli assediati  pensarono allora (e qui la cosa assumerebbe toni decisamente  umoristici se non si trattasse di guerra) di organizzare una “difesa anti-aerea” mediante il lancio di razzi muniti di ganci destinati a tranciare i cavi che collegavano i palloni gli uni agli altri, o con  “palloni intercettori” in grado di posizionarsi sopra la formazione nemica e calare lunghe funi con in cima degli ancorotti, sempre allo scopo di tranciare le funi di collegamento , e quindi scompaginare quelle singolari formazioni aeree che noi oggi  chiameremmo  “squadriglie” (sia pure di palloni).           
Ma non sarebbe stato più semplice  mirare contro i voluminosi involucri degli aerostati, anziché accanirsi contro le sottili corde che li tenevano insieme?
                                                                                                    Giovanni  Zannini


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