martedì 19 aprile 2011

Mussolini e l'opposizione

QUANDO MUSSOLINI SI COSTRUI’ L’OPPOSIZIONE

Molti i i ripensamenti provocati in Mussolini dalla drammatica esperienza del 25 luglio 1943 che segnò la fine del fascismo, diremo così, classico, e l’inizio di un breve periodo di fascismo repubblicano (spregiativamente detto repubblichino) che si potrebbe definire “riformato”.

In sostanza egli tentò di immettere in quest’ultimo le idee originarie del fascismo aggiornandole e depurandole contemporaneamente dai molti errori del ventennio. Ed ecco, mentre riaffiorano memorie del vecchio passato socialista, come la socializzazione, prendere corpo anche aperture verso l’odiata democrazia.

Sentiamo, ad esempio, cosa diceva il Duce a proposito dell’opposizione in regime democratico, in un discorso pronunciato il 26 maggio 1927 e quindi in pieno regime fascista trionfante:” … L’opposizione non è necessaria al funzionamento di un sano regime politico. L’opposizione è stolta, superflua in un regime totalitario come è il regime fascista…L’opposizione l’abbiamo in noi, cari signori: noi non siamo dei vecchi ronzini che hanno bisogno di essere pungolati. Noi controlliamo severamente noi stessi. L’opposizione sopra tutto noi la troviamo nelle cose, nelle difficoltà obbiettive, nella vita la quale ci dà una vasta montagna di opposizioni che potrebbe esaurire spiriti anche superiori al mio. Quindi nessuno speri che, dopo questo discorso, si vedranno dei giornalisti antifascisti, no; o che si permetterà la resurrezione di gruppi antifascisti : neppure…In Italia non c’è posto per gli antifascisti: c’è posto solo per i fascisti e gli afascisti, quando siano dei cittadini probi ed esemplari”.

Ma lo “shok” della caduta del 25 luglio e le meditazioni durante la prigionia sul Gran Sasso, gli hanno evidentemente, dopo la liberazione dei parà di Otto Skorzeny, fatto mutare parere in proposito come ricordato da Silvio Bertoldi in un articolo sul Corriere della Sera del 30 gennaio 1995 dal titolo “Repubblichini d’opposizione”.

Ricorda infatti l’autore che negli ultimi mesi della Repubblica di Salò Mussolini, alla disperata ricerca di nuove aperture che potessero convogliare simpatie verso la neonata repubblica, pensò, o gli venne suggerito dal Ministro dell’Educazione Nazionale Biggini, di autorizzare la formazione di un partito di opposizione a quello fascista repubblicano. Fu così che il 14 febbraio 1945 l’Agenzia Stefani annunciò che il Duce aveva concesso ad un gruppo di cittadini l’autorizzazione a costituire il “Raggruppamento Nazionalsocialista Repubblicano” avente lo scopo di esercitare responsabile opera di critica sugli atti del governo e dell’amministrazione . Si chiarirà poi che c’era stato un errore di comunicazione: non “Nazionalsocialista”, ma solo “Socialista”, anche se qualcuno ha pensato ad un errore volontario per tranquillizzare i perplessi e allarmati nazisti tedeschi. Dunque, un dittatore che si crea l’opposizione per dare alla sua dittatura un sia pur piccolo “fumus” democratico facendosela in casa: insomma, un inedito regime di “dittatura democratica” cui i cultori di diritto costituzionale non avevano sino ad allora pensato.

La creazione del nuovo raggruppamento fu affidato ad un personaggio che non aveva di sicuro le migliori qualità per dargli lustro e affidamento: tal Edmondo Cione, napoletano, professore di filosofia vissuto all’ombra di Benedetto Croce, soprannominato con fine spirito partenopeo, “O vaccariello”, il vitellino che sta sempre all’ombra della mucca e va dove va lei. L’uomo, antifascista, riavvicinatosi a Mussolini dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 che considera un tradimento, si affanna a reperir collaboratori ma con scarsissimo successo , dato che alla fine riesce a racimolarne solo quattro che con lui fanno cinque per costituire l’ossatura del nuovo nato "Raggruppamento" che viene dotato anche di un organo di stampa dal nome ampolloso, “L’Italia del Popolo” con la pretesa di rinnovare i fasti di quello vero di Giuseppe Mazzini. Il primo numero esce il 28 marzo 1945 e l’ultimo il successivo 10 aprile perché il Duce ne ha fatto sospendere la pubblicazione, poi però, ci ripensa e ne fa uscire altri due il 24 e il 25 aprile: quindi, il totale fa 17 e non può non stupire che Mussolini, in piena “bagarre”, e con l’acqua alla gola, trovasse ancora il tempo di pensare ad una simile pagliacciata.

Com’ è andata a finire per Mussolini lo sappiamo: ma “O vaccariello”? Scampato chi sa come agli eventi cruciali del dopo 25 aprile, e cambiato cavallo (per non dire mucca), riuscì ancora a combinare guai. Avendolo, infatti, imprudentemente messo in lista a Napoli nelle elezioni amministrative del 1960 in funzione anti Achille Lauro, la Democrazia Cristiana subì una grave emorragia di iscritti scandalizzati dal fatto che il partito avesse consentito ad un ex fascista irriducibile con passato repubblichino di ripararsi all’ombra onorata dello scudo crociato.

Giovanni Zannini

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