sabato 24 dicembre 2011

QUANDO HITLER ELOGIAVA IL CELIBATO DEI PRETI

Leggo sul Corriere del 9 dicembre 2009, nella rubrica “Calendario”, un trafiletto di Lucetta Scaraffia dal titolo “Celibato meritocratico” nel quale elogia la Chiesa cattolica che imponendo il celibato ai preti rende possibile la loro scelta solo per merito e non per la potenza di parentele più o meno illustri affermando che :”…..a parte qualche caso di nepotismo – e comunque almeno di mogli e figli si faceva a meno - la Chiesa è stata per secoli un’istituzione prevalentemente meritocratica”.
Un punto di vista sul celibato dei preti che, stranamente, collima con quello di Hitler esposto nel “Mein Kampf” che ho recentemente riletto, e che escludo nel modo più assoluto possa aver ispirato la penna della Scaraffia: una semplice coincidenza.
Il futuro dittatore, dunque, si dilunga, in una delle prime pagine del libro, in un elogio della Chiesa cattolica per aver evitato, con il celibato, il pericolo di “parentopoli” delle quali oggi molto si parla. Il celibato, scrive, “è cagione della forza sempre viva che è in uso in quell’antichissima organizzazione…. A cagione del celibato dei preti bisogna scegliere i preti futuri non dal clero ma dalla grande moltitudine del popolo……Perché per il fatto che questo immane esercito di ecclesiastici si accresce senza fermarsi sui ceti inferiori del popolo, la Chiesa serba il naturale legame col mondo dei sentimenti del popolo e si garantisce un insieme di forze che si trova soltanto sotto quell’aspetto nell’estesa moltitudine del popolo. Di qui consegue la meravigliosa giovinezza di quell’immensa istituzione , la sua elasticità spirituale e la dura forza di volontà”.
Anche lo Stato, dunque, dovrà aver cura che “si verifichi un continuo rinnovo delle classi intellettuali per mezzo di sangue nuovo degli strati più bassi….scegliendo con attenzione dalla massa del suo popolo gli uomini meglio dotati dalla natura e di metterli al servizio della comunità”.
Scelte fatte da Hitler che, a giudicare dalla storia, sono state piuttosto discutibili.
Giovanni Zannini

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