martedì 14 aprile 2015

Maggio 1915 - ANATOMIA DI UNA CALDA PRIMAVERA

I primi 23 giorni del mese di maggio 1915 furono, metaforicamente, se non i più caldi, certamente fra i più caldi della storia d'Italia. Furono essi, infatti, a maturare con una velocità impressionante gli avvenimenti che portarono l'Italia ad entrare nella Grande Guerra scoppiata in Europa il 28 luglio 1914.
Fu un susseguirsi di colpi di scena internazionali, e, in Italia, il frenetico contrasto fra gli interventisti eccitati dai proclami di Gabriele d'Annunzio, ed i neutralisti capeggiati da Giolitti restii ad entrare in un conflitto che si annunciava immane ed incerto.
Per questo, abbiamo voluto analizzare quei terribili giorni prendendo le mosse dalla situazione internazionale in cui l'Italia si trovava a seguito delle trattative intercorse nei mesi precedenti alla sua discesa in guerra sia con le potenze dell'”Intesa” (Francia, Inghilterra, Russia) che con l'Austria-Ungheria e la Germania, facenti parte della Triplice Alleanza alla quale apparteneva, allora, l'Italia.
Avvertendo, per la chiarezza, che nel corso dell'analisi che segue le parti in contesa saranno come sopra denominate “Intesa” e “Triplice”.


Le trattative con la “Triplice”.
L'Italia che già dal 3 agosto 1914 aveva dichiarato la propria neutralità nel conflitto mondiale scoppiato il 28 luglio dello stesso anno, aveva dal dicembre 1914 iniziato trattative con l'Austria condizionando la propria neutralità ad una serie di richieste territoriali che non erano state però accolte nonostante la mediazione del tedesco principe Bulow, già Cancelliere tedesco, buon conoscitore ed amico dell'Italia, in missione a Roma per evitare la rottura della Triplice Alleanza e la conseguente entrata in guerra dell'Italia a fianco delle potenze dell'Intesa. Ma la missione era fallita e di conseguenza l'Italia, con dichiarazione 4 maggio 1915 aveva posto fine ad ogni trattativa denunciando contemporaneamente l'alleanza che la legava all'Austria-Ungheria. La motivazione di tale decisione era stata la mancata informazione da parte dell'Austria della sua intenzione di dichiarare guerra alla Serbia a causa dell'omicidio avvenuto il 28 luglio a Serajevo dell'arciduca Francesco Ferdinando, ed il turbamento che ne era derivato allo “statu quo” esistente nei Balcani, come pattuito nell'alleanza stessa.


Le trattative con l'”Intesa”.
L'Italia aveva allacciato, fin dal 4 marzo 1915, trattative segrete con il ministro degli esteri inglese Grey quale esponente delle potenze dell'Intesa al quale era stato fatto pervenire un “memorandum” in XVI punti contenenti le nostre condizioni per scendere in guerra al loro fianco.
Anche qui le trattative furono laboriose, con alti e bassi, ma alla fine i rappresentanti delle potenze dell'Intesa siglarono a Londra il 26 aprile 1915 un accordo che recependo tutte le richieste contenute nel “memorandum” italiano portava l'Italia a schierarsi con l'Intesa.


Da tutto quanto sopra emerge indiscutibilmente che per un certo periodo l'Italia aveva contemporaneamente trattato sia con le potenze dell'Intesa che con l'Austria e ciò aveva suscitato le sue aspre accuse di doppiezza nei nostri confronti.
Da parte sua il presidente del Consiglio italiano Salandra nel suo libro “L'intervento” (Casa Editrice A.Mondadori – 1930) dal quale sono tratte molte delle informazioni qui riportate, riconosce la fondatezza dell'accusa ma scrive “potrei rispondere senz'altro: quel governo che non ha mai trattato da due parti tiri la prima pietra”. E cita, in proposito, Metternich e Bismarck.
Ma torniamo alla situazione esistente in Italia nelle bollenti giornate del maggio 1915.
Ricordiamo: il 26 aprile l'Italia aveva sottoscritto a Londra un accordo che la impegnava a scendere in guerra a fianco dell'Intesa avendo essa accettato tutte le pretese da essa avanzate con il noto“memorandum” in XVI punti; ed il 4 maggio l'Italia aveva rotto l'alleanza con l'Austria che non aveva invece aderito alle sue richieste.
A turbare questa situazione che pareva chiara e stabilizzata, interviene un fatto nuovo: le lettere 10 e 11 maggio 1915 dell'ambasciatore di Germania a Roma principe Bulow infaticabile nello sforzo di evitare il conflitto fra Italia ed Austria ma dimentico che già i rapporti diplomatici con quest'ultima si erano interrotti.
Esse accompagnavano le dichiarazioni pari data sottoscritte dal Bulow stesso nella sua qualità di Ambasciatore di Germania in Italia e dal suo collega ambasciatore d'Austria in Italia barone Macchio, illustranti le definitive concessioni che l'Austria-Ungheria era disposta a fare all'Italia.
Tali concessioni che in realtà quasi nulla aggiungevano a quelle già fatte in precedenza, diedero origine ad un'offensiva in Parlamento dei neutralisti italiani capeggiati da Giolitti con la sua famosa teoria del “parecchio” secondo la quale era opportuno accontentarsi delle ultime offerte austriache pur di evitare il flagello di una guerra dall'esito incerto, mentre gli interventisti infiammati dall'oratoria di D'Annunzio (suo il famoso discorso del 12 maggio dal balcone dell'Hotel Regina a Roma) spingevano per la discesa in campo a fianco dell'Intesa contro l'Austria-Ungheria.
Questa situazione pose in grave difficoltà il presidente del consiglio Salandra il quale, di fronte all'ipotesi di dover rinnegare l'accordo già raggiunto con l'Intesa - che sollecitava gli impegni presi con essa il 26 aprile a Londra - consegnò il 13 maggio le dimissioni nelle mani del re che il 16 maggio le respinse. Non restò allora che rimettersi alle decisioni del parlamento che convocato per il 20 maggio, avrebbe dovuto prendere la suprema decisione: pace o guerra?
Ritengo a questo punto opportuno segnalare quanto emerge a pag. 297 del libro di Salandra.
Scrive infatti l'autore:””... Il 18 (maggio) il ministro Riccio (Vincenzo - poste e telegrafi – n.d.a.) mi scriveva: ”In questo momento l'avv.Carlo Patriarca mi dice che è incaricato da Sua Santità di fare un' urgente comunicazione; ed è che l'Austria è disposta ad accettare tutte le richieste dell'Italia dandovi esecuzione immediata. Sua Santità vuole che un membro del governo ne sia informato. Ho risposto che non credo sia il caso di riferire la cosa al Presidente del Consiglio e che io non l'avrei riferita”. Il Patriarca era un professionista serio e stimato, con larga clientela negli ambienti cattolici. Aveva pure domandato di essere ricevuto da me; ma, forse scoraggiato da Riccio, non insistette””.
E' strano che l'autore abbia scritto quanto sopra senza rendersi conto che ciò avrebbe potuto evidenziare una sua gravissima omissione ed un atto di accusa contro di lui: non aver approfondito la notizia pervenutagli nel timore che si evidenziasse una circostanza che sarebbe andata a favore delle tesi neutraliste e fatto crollare quelle interventiste da lui sin ad allora tenacemente perseguite. Le preoccupazioni per la sua carriera politica prevalsero dunque sull'interesse della nazione?
Ma chiudiamo questa inquietante parentesi non senza aver prima messo in tutta evidenza che da quanto sopra emerge ancora una volta il fattivo, generoso interessamento sempre manifestato dalla Santa Sede per evitare il sanguinoso conflitto.
Oramai gli avvenimenti precipitano.
20 maggio 1915: nella seduta alla Camera dei Deputati il ministro degli esteri Sonnino presenta il “Libro Verde” con il quale si ripercorrono le trattative intercorse fra Italia ed Austria-Ungheria dal 9 dicembre 1914 al 4 maggio 1915. Quindi il disegno di legge in un solo articolo con il quale si conferiscono al governo del re “poteri straordinari in caso di guerra” viene approvato con il seguente risultato: votanti 482, 407 a favore, 74 contrari, un astenuto. Solo i socialisti e pochi altri che con un discorso di Turati si confermano neutralisti, votano contro: gli altri si sono volatilizzati.
21 maggio: il Senato approva lo stesso disegno di legge con 281 voti a favore su circa 300 presenti: anche qui, i neutralisti sono sfumati.
22 maggio. Non doma, l'Austria-Ungheria, con il ministro degli esteri Burian, consegna al duca di Avarna, ambasciatore d'Italia a Vienna, una lunga nota in risposta alla denunzia dell'alleanza notificatagli fin dal giorno 4. “Un bel caso” commenta Salandra “di tardigrada burocrazia diplomatica”.
23 maggio: in risposta, Avarna, ambasciatore d'Italia a Vienna, presenta la dichiarazione di guerra dell'Italia all'Austria-Ungheria.
24 maggio: le truppe italiane varcano la frontiera austriaca.

8 aprile 2015 Giovanni Zannini


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