giovedì 11 ottobre 2012

Assolta l'ambulanza - MUSSOLINI PRIGIONIERO ANOMALO


Si ritiene normalmente  che Mussolini, dopo la drammatica seduta del 25 luglio 1943 e le dimissioni, il successivo giorno 26,  nelle mani del re,  sia stato prigioniero, nel senso comune della parola,  del nuovo governo Badoglio e sottoposto a regime carcerario: ma, stando a quanto scritto dallo stesso Mussolini nelle sue memorie, non fu affatto così.
Quanto avvenuto dall’ottobre 1942 al settembre 1943 è infatti rievocato  in una serie di articoli apparsi sul Corriere della Sera in 19 puntate non consecutive dal n.151 del 24 giugno 1944 al n.171  del 18 luglio dello stesso anno, nei  quali   un autore anonimo racconta le vicende storiche di quel periodo e quanto  accaduto in tal periodo all’ex duce. Solo nell’ultima puntata si rivela  che autore ne è lo stesso Mussolini, e la serie di articoli viene raccolta in un opuscolo intitolato “Il tempo del bastone e della carota” pubblicato il 9 agosto 1944 come supplemento al n.190 del Corriere.  
 Da esso risulta che il passaggio dal governo Mussolini al Governo Badoglio realizzato dal re in base ai poteri derivantigli  dallo Statuto  - che sopravvisse durante tutto il ventennio - avvenne in maniera corretta dal punto di vista costituzionale.
Nessun arresto, dunque: la famosa ambulanza sulla quale egli venne caricato all’uscita dal colloquio con il re,  fin qui considerata dai più simbolo di tradimento e di inganno, viene invece, per così  dire,  assolta dallo stesso ex duce, che la considera  una “attenzione”del re per proteggerlo da una reazione  popolare che avrebbe potuto porre in pericolo la sua vita.
E nessuna protesta   da parte di Mussolini: anzi!. 
I messaggi, più sotto riportati,   fra l’ex Presidente del Consiglio Mussolini dopo la sua destituzione, ed il nuovo Presidente del Consiglio Badoglio furono  corretti per non dire cerimoniosi: addirittura, l’ex duce ringrazia Badoglio  per  le attenzioni ricevute,  lo assicura che non gli creerà alcuna difficoltà,  gli offre la sua collaborazione e conferma  la sua fedeltà al re.
Infatti l’ex duce nel libro citato  racconta  che il 26 luglio, alle ore una (ma avrebbe dovuto scrivere “27 luglio alle ore una” – ndr) mentre si trovava nella caserma della Scuola  allievi carabinieri di Roma nella quale era stato scaricato dalla nota  ambulanza, ricevette da Badoglio un messaggio indirizzato “al Cavaliere Sig. Benito Mussolini” del seguente tenore: ”Eccellenza il Cavaliere Benito Mussolini. Il sottoscritto Capo del Governo tiene a far sapere a V.E. che quanto è stato eseguito nei  Vostri riguardi è unicamente dovuto al Vostro personale interesse essendo giunte da più parti  precise segnalazioni di un serio  complotto contro la Vostra Persona. Spiacente di questo, tende a farVi sapere che è pronto a dare ordini   per il Vs. sicuro accompagnamento, con i dovuti riguardi, nella località che vorrete indicare. Il Capo del Governo : Maresciallo d’Italia Badoglio”.       
Ed ecco la risposta : “26 luglio 1943 – ore una (ma vedasi la nota più sopra). 1° - desidero ringraziare il Maresciallo d’Italia  Badoglio per le attenzioni  che ha voluto riservare alla mia persona.  2° - Unica residenza di cui posso disporre è la Rocca delle Caminate dove sono disposto a trasferirmi in qualsiasi momento. 3°  -  Desidero assicurare il Maresciallo Badoglio  anche in ricordo del lavoro in comune svolto  in altri tempi che da parte mia non solo non gli verranno create difficoltà di sorta, ma sarà data ogni possibile collaborazione. 4° - Sono contento della decisione presa di continuare la guerra con gli alleati così come l’onore e gli interessi della patria in questo momento esigono e faccio voti che il successo coroni il grave compito al quale  il Maresciallo Badoglio si accinge in nome e per conto di S.M. il Re del quale durante 21 anni  sono stato leale servitore e tale rimango. Viva l’Italia!”.
Certo stupisce che Mussolini   dichiari di essere disposto a collaborare con Badoglio, perché analoga offerta  di collaborazione rilasciata da Achille Starace allo stesso  Badoglio fu poi giudicata dai repubblichini della  Repubblica Sociale Italiana così grave, da metterlo al bando del nuovo regime facendolo decadere da ogni onore,  e  riducendolo in miseria fino a che venne poi   fucilato dai partigiani a Piazzale Loreto il 29 aprile 1943 sotto i cadaveri appesi di Mussolini, della Petacci e di altri gerarchi.

Ma torniamo ai successivi trasferimenti per mare che Mussolini non considerò  inizialmente  la traduzione di un detenuto, sibbene  precauzioni   atte a salvaguardare la sua incolumità personale. Fu lui stesso, infatti, a  coniare la  singolare definizione dello  stato giuridico in cui si trovava:” Ex capo del governo in stato di arresto protettivo contro la furia popolare”.
Sta di fatto che  dopo aver lasciato la caserma degli allievi carabinieri, invece che alla Rocca delle Caminate come da lui desiderato, evidentemente ritenuta  non sufficientemente sicura, l’ex duce fu  imbarcato a Gaeta sulla corvetta “Persefone” con la quale l’ammiraglio Maugeri,  privo di ordini sul da farsi, vagolò per mezzo mar Tirreno in cerca di un luogo sicuro ove custodirlo.           
Ventotene, Ponza, La Maddalena furono le tappe del pellegrinaggio prima di arrivare alla meta che alla fine i suoi custodi avevano individuato: il Gran Sasso d’Italia evidentemente ritenuto inattaccabile e di massima sicurezza.
Durante tali spostamenti fu consentito a Mussolini di mantenere contatti non solo con la moglie  Rachele che gli fece pervenire un pacco di indumenti e qualche libro, ma anche con personalità civili e militari, non solo italiane, ma anche tedesche che da (tuttora) alleati gli  manifestarono la loro solidarietà.
A Ponza, ove Mussolini il giorno 29 luglio 1943  aveva compiuto 60 anni, gli fu consegnato il seguente telegramma di Hermann Goering: “ Duce, mia moglie ed io vi mandiamo in questo giorno i nostri più fervidi auguri.
Se le circostanze mi hanno impedito di venire a Roma come mi proponevo per offrirvi insieme coi miei voti augurali un busto di Federico il Grande, più cordiali ancora sono i sentimenti della mia piena solidarietà e fraterna amicizia che vi esprimo in questo giorno. La vostra opera di uomo di Stato rimane nella storia dei nostri due popoli i quali sono destinati a marciare verso un comune destino. Desidero dirvi che i nostri pensieri  vi seguono costantemente. Voglio ringraziarvi per l’ospitalità gentile che mi offriste altra volta e mi  proclamo ancora una volta, con incrollabile fede, Vostro Goering.”.
Nella medesima occasione   gli fu fatto pervenire “il dono del Fuhrer, una mirabile  edizione completa delle opere di Nietzsche in 24 volumi con una dedica autografa. Una vera meraviglia dell’editoria tedesca.  Il dono era accompagnato  da una lettera del Maresciallo Kesselring che diceva:”Duce, per incarico del Fuhrer vi rimetto, mediante la benevola intercessione  di S.E.  il Maresciallo d’Italia Badoglio,  il regalo del Fuhrer per il Vostro compleanno. Il Fuhrer si stimerà felice se questa grande opera della letteratura tedesca vi recherà, Duce, un po’ di gioia e se voi vorrete considerarla come espressione del personale attaccamento del Fuhrer. Aggiungo i miei personali ossequi. Feldmaresciallo Kesserling. Quartier generale  7 agosto 1943”.
Ma a  Ponza  si verificò pure una singolare coincidenza: la contemporanea presenza di  Benito Mussolini in stato di “arresto protettivo” , e di Pietro Nenni, antifascista “confinato” nell’isola proprio dal primo allorchè era al potere.  In proposito, Paolo Franchi  nel suo articolo “” “Avanti”, un secolo fra Mussolini e Nenni ”” sul Corriere della Sera del 28-9-2012, riporta il dubbio di Nenni che il suo invio al  “confino” sia stato voluto  proprio dall’ex  duce – e questo gli fa onore - per salvargli   la vita, sottraendolo alla Gestapo che avrebbe voluto ucciderlo, memore  che i due, repubblicano l’uno, socialista rivoluzionario l’altro, avevano nel 1911 condiviso la galera.
Non vi fu incontro fra i due, ma Franchi ritiene che Nenni abbia visto con il binocolo il vecchio compagno - che come lui  era stato  direttore dell’ ”Avanti” -  divenuto  poi  duce del fascismo. 

Intanto la situazione era precipitata: il mattino del 9 settembre 1944 il re aveva lasciato Roma con il suo seguito per raggiungere Brindisi, in Puglia, in quel momento territorio italiano libero sia da alleati che da tedeschi, ed aveva in tal modo assicurato  la continuità   dello Stato italiano.
Ma pur riconoscendo che non di “fuga” si sia trattato, occorre però riconoscere  che l’allontanamento del re da Roma avvenne in maniera disordinata e avventuristica, senza un piano preciso che avrebbe dovuto essere accuratamente  preparato in tempo  cosicchè la confusione fu massima ed il collasso delle strutture civili e militari  inevitabile.
Fra i tanti errori e le tante omissioni commesse dalla Corona e dal suo governo in quella drammatica circostanza,  l’essersi  “dimenticati” di Mussolini che,  in base alle clausole dell’armistizio, doveva essere consegnato agli Alleati, appare, come sottolineato anche dallo storico inglese Denis Mack Smith, grave ed imperdonabile.  Anche se  non  sarebbe stato semplice trascinarsi dietro Mussolini nel drammatico trasferimento:  ma anche quel problema, assieme ai molti altri gravi e difficili di fronte ai quali si trovarono il re e Badoglio,   avrebbe dovuto essere  previsto, affrontato  ed adeguatamente risolto.
Certo, la situazione venutasi a creare tra Italia e Germania,  tuttora alleati,  fu paradossale.
Da una parte l’una, con il pretesto di  proteggerlo, non si voleva far scappare Mussolini anche se non si comprende cosa ne volesse fare.  Forse  giudicarlo,  non si sa dove e quando o, più probabilmente, per poterlo  consegnare agli Alleati che prevedibilmente l’avrebbero preteso, come poi avvenne  nella  realtà con l’armistizio dell’8 settembre 1943.
Dall’altra i nazisti a caccia  di Mussolini per liberare un  alleato fedele, amico personale di Hitler, ma soprattutto, si ritiene, per poterlo utilizzare nel modo migliore nel loro interesse  in vista di quanto sarebbe poi accaduto, e che accadde (l’armistizio), le cui trattative erano certamente note  ai servizi segreti nazisti.
Insomma, due alleati  che si contendono la stessa preda per scopi diametralmente opposti.
Sta di fatto che nei giorni 9,10, 11 e metà 12 settembre 1943 i custodi di Mussolini, depositari, senza ordini, di un così ingombrante fardello, si trovarono in un comprensibile, drammatico  imbarazzo dal quale,  fortunatamente per loro, li sollevò  un angelone piovuto dal cielo sulle cui ali campeggiava la svastica e  che aveva la grinta del colonnello delle SS Otto Skorzeni.
                                                                                                                                 Giovanni  Zannini
  

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